L’AD di IDEAL-E fa il punto sulla progressiva integrazione sostenibile fra coltivazioni agricole e produzione di elettricità dal sole
Com’è noto ai più, i sistemi agrivoltaici sono applicazioni che trovano posto nei terreni agricoli al fine di ottenere energia elettrica attraverso dispositivi che possono muoversi senza ostacolare la coltivazione. Anzi, in alcune occasioni, la possono avvantaggiare.
La continua ricerca di strumenti sostenibili per la produzione di elettricità dalla luce solare ha permesso di sviluppare impianti che consentono di sfruttare i terreni coltivabili senza sottrarre spazi alla produzione agricola e all’allevamento di bestiamo.
Una felice convivenza fra fotovoltaico e colture, dunque.
Ne abbiamo parlato con Luca Savoia, Amministratore Delegato della società IDEAL-E Srl, azienda specializzata in questo tipo di sistemi che trova sede nella località di Poggio Rusco, nella provincia italiana di Mantova, al confine fra le Regioni Emilia-Romagna e Lombardia.
Quali sono i vantaggi per un’azienda che volesse installare questo sistema e quali gli svantaggi, se ci sono?
“Indubbiamente, il vantaggio è quello di riuscire a inserire su una produzione agricola una fonte a reddito diversa senza andare a ridurre la capacità produttiva. Quindi, più che di sfruttamento, noi preferiamo parlare di utilizzazione del terreno per un duplice scopo. È quindi un vantaggio per tutti la creazione di nuova energia elettrica, per di più perfettamente sostenibile…”.
Su questi temi c’è un’attenzione particolare, soprattutto negli ultimi anni. Il 2023 potrebbe essere il momento della svolta o dobbiamo attendere ancora?
“Io credo che nel 2023 prevarranno ancora gli investimenti fatti sui tetti delle case o nelle aree non coltivabili delle aziende agricole, che hanno la necessità di produrre energia da utilizzare in proprio. Per gli impianti più complessi che riguardano l’agrivoltaico lo sviluppo inizierà probabilmente nel 2024…”
Spesso le aziende che hanno intenzione di investire nell’agrivoltaico incontrano difficoltà dovute anche alla burocrazia. Il quadro normativo è chiaro?
“Le procedure sono sicuramente complesse e coinvolgono tantissimi enti. Una recente ricerca, purtroppo, ha contato circa 300 passaggi per arrivare alla fine positiva di un nuovo impianto. Il percorso va studiato molto bene in anticipo”.
L’agrivoltaico può rappresentare una svolta, un grande valore aggiunto per le aziende agricole del suo Paese, l’Italia, ma qual è la situazione negli altri Stati europei?
“Noi siamo recentemente andati alla Fiera di Monaco di Baviera a visitare ‘Intersolar’, dove si concentra la maggior parte dello sviluppo tecnologico europeo. Abbiamo visto una grande crescita del settore, che in un anno ha portato al raddoppio degli espositori in Germania. Tecnologie non particolarmente diverse, ma sempre migliorate. Siamo tutti ai blocchi di partenza…”.
L’agrivoltaico potrà quindi rappresentare un’integrazione al reddito degli agricoltori?
“Sicuramente, mentre piantano semi di mais possono interrare in modo semplice anche un tubo di ferro che sostiene questi impianti, che hanno una durata di trent’anni. I terreni sono beni a fecondità ripetuta. Se li tratti bene, continuano a produrre da sempre e per sempre. In certe occasioni l’ombreggiatura che crea questo sistema permette anche di ridurre la necessità idrica del terreno. Quindi abbiamo bisogno di una fortissima evoluzione nella connessione fra la ‘storica’ capacità di gestire i terreni con la ‘innovativa’ competenza per produrre energia. In fin dei conti, per entrambe il risultato è verde”.